ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani

20 L’Addolorata*
Maria SS. Addolorata
Ignoto scultore trapanese
fine secolo XVIII
Ceto Camerieri, Cuochi, Cocchieri, Autisti, Baristi, Pasticcieri, Albergatori, Ristoratori 

1 La Separazione
2 La lavanda dei Piedi
3 Gesù nell’orto del Getzemani
4 L’arresto
5 La caduta al Cedron
6 Gesù dinanzi ad Hanna
7 La negazione
8 Gesù dinanzi ad Erode
9 La flagellazione
10 La coronazione di spine
11 Ecce Homo
12 La sentenza
13 L’ascesa al Calvario
14 La spoliazione
15 La sollevazione della croce
16 La ferita al costato
17 La deposizione
18 Il trasporto al sepolcro
19 Gesù nell’urna
20 L’Addolorata


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Maria SS. Addolorata, con il cuore trafitto da un pugnale, seguendo l’urna del figlio, chiude la processione. Il simulacro sfila avvolto in un manto nero di velluto che ricopre gli abiti in tela e colla.
Maria è raffigurata come “Mater dolorosa”, un soggetto che non ha riscontri nei passi evangelici, ma che trova riferimenti in una tradizione devozionale affermatasi particolarmente nel secolo XIII, periodo in cui sorsero diversi santuari in suo onore e furono composte le prime opere a Lei ispirate, come le “Laudi” e i componimenti latini di Iacopone da Todi. Al celebre testo dello “Stabat Mater” si sono ispirati musicisti di ogni epoca e la Vergine Addolorata è stata il soggetto, durante il corso dei secoli, di tante opere pittoriche e scultoree di grandi maestri, tutti impegnati nell’esprimere la grande sofferenza di Maria.
Veste i colori del lutto, tanto da essere anche denominata Nostra Signora del Lutto: tunica grigia, impreziosita da decori a mezzaluna in oro zecchino e mantello blu, entrambi in tela e colla, modellati attraverso le pieghe, sì da creare effetti plastico-pittorici: la mezzaluna, qui utilizzata come elemento decorativo, allude anche al concepimento immacolato di Maria.
La caratteristica peculiare del simulacro, oltre che nell’espressione di composta sofferenza del viso con lo sguardo rivolto verso l’alto, sta nella resa rappresentativa del dolore attraverso la naturale positura delle mani: la sinistra sul petto quasi a sorreggere il simbolico cuore, sormontato da una fiammella e trafitto da una spada, e la destra protesa in avanti a misurare lo spazio - in un gesto di pietosa costernazione come per richiedere intercessione divina - coinvolgendo il fedele e rendendolo partecipe dei propri sentimenti di dolore.
Il cuore evidenziato da una fiamma e il pugnale che lo trafigge, entrambi in argento (sec. XX), sono i simboli che meglio identificano la tipologia dell’immagine, rispondente al tradizionale modello iconografico dell’Addolorata. Il pugnale allude alla profezia di Simeone che, in occasione della presentazione di Gesù al tempio, aveva predetto a Maria che una spada le avrebbe trafitto il cuore.
Non sappiamo quando il simulacro cominciò a far parte della processione, ma considerato che a Palermo i Genovesi, già nel 1590 avevano effettuato una processione di “Gesù nell’urna” e della “Madonna”, curata dagli Spagnoli, è presumibile che anche a Trapani due simulacri ne facessero parte fin dalle origini.
La prima documentazione riguardo a “Nostra Signora del Lutto” si ha nel 1659 per l’offerta della musica da parte dei senatori trapanesi.
Un documento del 1695 attesta inoltre che, assieme a quindici gruppi, partecipavano alla processione “Christo nel monumento” e “Nostra Signora Maria Addolorata”. Quest’ultima era affidata ai patrizi e accompagnata anche dai senatori della città.
Nel 1873 i patrizi l’affidarono ai cocchieri.
L’Addolorata, durante tutto l’anno, era oggetto di venerazione presso la chiesa di San Michele e quando nel 1720 i gruppi furono trasferiti nell’oratorio attiguo, fatto costruire appositamente, rimase nella chiesa assieme a“U signuri nu munumento”.
L’opera è stata comunemente attribuita a Giuseppe Milanti, appartenente ad una famiglia di scultori trapanesi, nato nel 1661; è quindi impossibile che la statua del 1659 fosse stata da lui realizzata.
Si può ipotizzare invece che ne fosse autore Leonardo Milanti, padre di Giuseppe, il quale nel 1661 eseguiva il Crocefisso ligneo della chiesa di San Francesco d’Assisi, apponendovi la data e le sue iniziali. L.M.
Una trasposizione di nome, come talvolta accade nella storiografia, avrebbe potuto confondere Giuseppe con Leonardo, lasciando tuttavia l’attribuzione nell’ambito della famiglia Milanti.
La statua attuale, per i connotati stilistici, sembra tuttavia riconducibile alla fine del secolo XVIII allorquando, con molte probabilità, fu rinnovata o completamente rifatta: lo dimostra l’andamento parallelo delle pieghe del manto e della tunica che rimanda a stilemi neoclassici.
I connotati formali - volto allungato e inclinato, naso affilato, bocca dischiusa dalla quale traspare la dentatura, espressione sofferente - attestano comunque il persistere, nella scultura siciliana, della componente pietistico devozionale che, nel secolo XVII, aveva avuto il suo degno rappresentante in fra Umile da Petralia.
Va inoltre ricordato che la statua subì dei danni durante il bombardamento del 6 aprile 1943 che colpì la chiesa e l’annesso oratorio di San Michele dove erano ospitati i sacri gruppi e che, come accadde per altre statue, i successivi restauri furono effettuati rimodellando sommariamente le pieghe e riutilizzando, anche arbitrariamente, parti scultoree in legno: lo confermano i piedi dissimili del simulacro.
Con Maria Addolorata, da sola sulla sua vara, preceduta da un corteo di due file di donne vestite di nero, si chiude la lunga processione dei “Misteri”. Il suo passaggio e, soprattutto, il suo rientro nella chiesa del Purgatorio sono momenti di grande commozione e di intensa partecipazione: la sacra immagine coinvolgendo lo spettatore attraverso la componente realistica, suscita pietà, rispetto, commozione.
Il simulacro, attualmente curato da camerieri, cuochi, cocchieri, autisti, baristi, pasticcieri, albergatori e ristoratori, nel 1998 è stato restaurato da Concetto Mazzaglia e nel 2014 da Elena Vetere e Nicola Miceli. (L.N.)


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