ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani

11 Ecce Homo*
Gesù, Pilato, un tribuno
Ignoto scultore trapanese - secolo XVII [?]
Ceto Calzolai e Calzaturieri

1 La Separazione
2 La lavanda dei Piedi
3 Gesù nell’orto del Getzemani
4 L’arresto
5 La caduta al Cedron
6 Gesù dinanzi ad Hanna
7 La negazione
8 Gesù dinanzi ad Erode
9 La flagellazione
10 La coronazione di spine
11 Ecce Homo
12 La sentenza
13 L’ascesa al Calvario
14 La spoliazione
15 La sollevazione della croce
16 La ferita al costato
17 La deposizione
18 Il trasporto al sepolcro
19 Gesù nell’urna
20 L’Addolorata

 

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delle schede

 

“Ecco l’uomo che avete accusato, nel quale non trovo colpa, e che tuttavia ho fatto punire come se fosse colpevole … Posso infine liberarlo!” (Giovanni XIX, 4-7) dice Pilato, mostrando alla folla Gesù, beffardamente vestito come un re, con una corona di spine, un mantello rosso ed una canna in mano, alludente allo scettro. Ma la folla, i sacerdoti e le guardie gridano “Crucifige! Crucifige!”. 
L’episodio dell’“Ecce Homo” frequentemente rappresentato nei cicli della passione di Gesù, ha il valore di una scena plateale nella quale Pilato, che ne è il protagonista, offre alla folla un’immagine di un Cristo, caricaturalmente abbigliato da re: alla sontuosità degli abiti del prefetto romano della Galilea (26-36 d.C.) che ha un gesto quasi di persuasione nei confronti della folla, fa da contrasto la nudità del figlio di Dio, fattosi uomo e rappresentato nell’afflitta posa della vittima sacrificale, con le mani legate tramite la corda tenuta dal tribuno, e con il volto dall’espressione dolorante, bagnato dal sangue delle ferite provocate dalla corona di spine.
Il gruppo statuario di Trapani, che occupa l’undicesimo posto nell’ordine processionale, fu concesso alla categoria dei calzolai il 31 marzo 1622, come risulta dall’atto di affidamento, rinvenuto da Salvatore Gaspare Savona nel 2015. 
Giuseppe Di Ferro attribuisce a Giuseppe Milanti (1658- ?) la paternità dell’opera, ma considerando che lo scultore visse nella seconda metà del secolo XVII, si può solo ipotizzare che avesse rifatto il gruppo; quello attuale è tuttavia il risultato di un documentato restauro avvenuto nel 1757 ad opera di Baldassare Pisciotta che eseguì, su commissione dei consoli dei calzolai, lavori di sistemazione e ridipintura delle tre statue oltre che il disegno della nuova vara. 
Il modo di trattare l’anatomia del corpo nudo di Cristo, che si sviluppa su una linea ondulata, sembra allontanarsi dalla descrizione dei muscoli e dalla componente realistica che caratterizza le opere del Milanti, al quale con certezza può riferirsi il “Crocefisso” della chiesa del Carmine di Trapani, firmato e datato 1697. Il viso allungato, l’espressione del volto, i polsi incrociati e legati, la posa delle gambe – la destra avanti e la sinistra indietro – orientano invece la statua verso il “Cristo alla colonna” in “pietra incarnata” di autore ignoto, datato 1656, periodo in cui era attivo un altro Milanti, Leonardo, padre di Giuseppe (ora collocato nella cappella del SS. Sacramento della Cattedrale di Trapani).
Molto caratterizzati ed espressivi sono i volti degli altri due personaggi, Ponzio Pilato e un arcigno tribuno con corazza, entrambi, forse da attribuire ad altra mano, e che ricordano talune opere attribuite al trapanese Giacomo Tartaglio (1678 – 1751), tra cui il “San Francesco di Paola” della chiesa eponima di Trapani. Curato e attentamente descritto è anche il loro abbigliamento: per la figura di Pilato, una “mise” orientaleggiante formata da un copriabito smanicato che lascia in evidenza la tunica a maniche rigonfie, impreziosita da fregi dorati, e un esotico turbante; per il tribuno, una divisa militare provvista di corazza, ed elmo legionario romano a calotta con paranuca, sormontato da un elemento destinato a sostenere il cimiero di piume, riservato solo agli ufficiali e ai centurioni. 
Sul corpo nudo di Gesù, con ai fianchi un perizoma bianco, spicca invece il mantello di colore rosso che gli era stato posto sopra le spalle per beffarda parodia dei manti degli imperatori di color porpora. 
È stata forse la presenza della folta e lunga barba sul viso di Pilato, in questo gruppo come ne “La sentenza”, ad avere indotto Fortunato Mondello (1901) a trovare somiglianza tra le statue di Pilato dei due gruppi e il quadro raffigurante “Dio Padre” di Domenico la Bruna (1699 -1763), della cattedrale di San Lorenzo di Trapani, figura certamente più possente e dinamica rispetto alle due statue, avvolta in ampi e mossi panneggi dai caratteri rococò.
Le figure di Pilato e di Gesù, per l’aspetto iconografico, trovano riferimenti nella tela dell’“Ecce Homo” di Ludovico Cardi detto il Cigoli (Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, 1607), forse nota all’autore attraverso le incisioni che circolavano nelle biblioteche degli ordini monastici e presso i Gesuiti. 
Non vanno inoltre dimenticate le numerose “sculture in piccolo” raffiguranti l’“Ecce Homo”, create dagli esperti maestri trapanesi con l’alabastro, l’avorio e altri materiali, vanto dell’artigianato artistico trapanese dei secoli XVII e XVIII.
L’elemento che caratterizza questo “Mistero” è la balaustra d’argento, realizzata nel 1881 dal trapanese Giuseppe Parisi, che allude al balcone, simbolo della presentazione di Gesù al popolo, fatta dal pretorio di Gerusalemme, vicino ad una torre della fortezza Antonia. 
Alla platealità della scena ben si confà la scenografia del balcone, per dimensioni, il più grande fra gli ornamenti dei “Misteri”, che, come indica l’iscrizione GIUSEPPE PARISI COSTRUI’ E CESELLO L’ANNO 1881. Finemente lavorato a sbalzo e cesello con motivi decorativi neoclassici, reca i simboli dell’eucaristia: le spighe e l’uva, alludenti al corpo e al sangue di Gesù Cristo. 
Nel 1987 il gruppo scultoreo è stato sottoposto a restauro da Angelo Cristaudo e nel 2017 da Elena Vetere. (L.N.)

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