Dopo il trasporto, nell’ordine
processionale sfila, al diciannovesimo posto, “Gesù nel sepolcro”,
un’urna di legno e vetro contenente il simulacro di Cristo, quasi un
dormiente tra cuscini e fodere di raso.
Secondo i racconti evangelici Gesù venne posto in un sepolcro
scavato nella roccia e situato in un orto poco lontano dal Calvario,
poi chiuso con una grande pietra.
Nella processione, al fine di consentire ai fedeli la vista del “Cristo
morto”, il sepolcro è simbolicamente rappresentato da un’urna a
forma di un tronco di piramide sia nella bara vera e propria,
arricchita da grandi volute agli angoli, che nel coperchio con
decorazioni fogliacee; le volute ritornano nel coronamento per
reggere il globo sovrastato dalla croce. Anche se rifatta nei primi
anni del secolo XX mantiene il gusto del tardo Settecento.
L’attuale simulacro di Cristo, in legno con perizoma in tela e
colla, fino agli anni dell’ultimo periodo bellico si trovava,
disteso ai piedi di una statua dell’Addolorata,
sull'altare dell'oratorio della
Confraternita della Via
Crucis, un tempo
esistente nel chiostro del convento dei frati Francescani Minori
Osservanti, attiguo alla chiesa di Santa Maria di Gesù a Trapani,
fondato nel 1743 e parzialmente distrutto durante gli eventi
bellici. La presenza del gruppo nell’oratorio è attestata da una
vecchia foto, pubblicata recentemente dall’Archivio Storico
Diocesano di Trapani.
Il simulacro dell’Addolorata
si trova ora a Favignana, presso la chiesa Madre.
Il
Cristo, oggi facente parte della processione dei Misteri,
tradizionalmente è stato attribuito allo scultore Antonio Nolfo
(1698-1781), ma alla luce della sua accertata provenienza bisogna
ora rivedere tale attribuzione, in quanto riferita ad un precedente
simulacro di Cristo, con molta probabilità, sostituito dopo gli
eventi bellici dell’ultimo conflitto, e del quale non si hanno più
notizie. La collocazione originaria, ai piedi della statua
dell’Addolorata, ora attribuita a Baldassare Pisciotta (1715-1792),
fa protendere a considerare lo stesso artista come autore
dell’intero gruppo scultoreo.
L’opera ha carattere
prevalentemente devozionale e richiama la tipologia del “Cristo
morto” che ebbe tanto favore cultuale in Sicilia nei secoli XVII
e XVIII, soprattutto presso le confraternite, con lo scopo di
stimolare la “pietas religiosa”.
La scultura risponde alla iconografia delle settecentesche sculture
in “pietra incarnata” del Cristo morto, realizzate da maestri
trapanesi e conservate nella chiesa dell’Addolorata e nella
cattedrale di San Lorenzo, quest’ultima attribuita a Giacomo
Tartaglio.
Gesù viene presentato, dentro l’urna, come un corpo riverso sul
letto di morte, coperto solo dal perizoma pieghettato, con il torace
rigonfio a causa della posizione assunta sulla croce, e la bocca
dischiusa per indicare che ha esalato l’ultimo respiro. La messa in
evidenza, attraverso il colore, delle piaghe, delle ferite e dei
buchi aggiunge elementi patetici al corpo esamine di Cristo.
Il simulacro ha il capo inclinato, il volto piccolo e profilato da
una barba sottile e bipartita sul mento appuntito, palpebre
socchiuse, bocca piccola da cui traspare la dentatura, baffi lunghi
e sottili, capigliatura fluente con ciocche che ricadono sulle
spalle.
L’attuale simulacro di Cristo, con molta probabilità, cominciò a far
parte della processione dei Misteri dopo la distruzione
dell’oratorio della Via Crucis, in sostituzione di un precedente “Gesù
nel sepolcro” del quale non si hanno notizie documentarie.
Considerato che a Palermo i Genovesi, già nel 1590 avevano
effettuato una processione di “Gesù nell’urna” e della “Madonna”,
curata dagli Spagnoli, è presumibile che anche a Trapani i due
simulacri fossero presenti fin dalle prime processioni: un documento
del 1695 attesta che, assieme a quindici gruppi, vi partecipavano
“Christo nel monumento” e “Nostra Signora Maria Addolorata”.
Sappiamo comunque che “U signuri nu munumento” come
popolarmente veniva anche definito il diciannovesimo “Mistero”, era
oggetto di visita presso la chiesa di San Michele da parte dei
fedeli, durante tutti i venerdì dell’anno e che nel 1720, quando i
gruppi furono trasferiti nell’oratorio attiguo, fatto costruire
appositamente, rimase nella chiesa assieme all’Addolorata.
Il simulacro veniva portato in spalla da quattro confrati della “Compagnia
del Sangue Preziosissimo e del Divino Michele Arcangelo”, che lo
avevano in cura ed andavano in processione con saio rosso, cappuccio
e mantello bianchi.
Intorno alla seconda metà del XIX secolo passò ai pastai.
Dopo un restauro avvenuto nel 1968 ad opera di Giuseppe e Benvenuto
Cafiero, nel 1991 il simulacro è stato sottoposto a restauro
conservativo da una equipe di restauratori dell’Opificio delle
Pietre dure di Firenze e nel 2003 da Giovanni Calvagna. (L.N.)
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