ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani

10 La coronazione di spine*
Gesù, un soldato, un tribuno, un giudeo
Antonio Nolfo 1764
Ceto Fornai 

(Clic sui titoli)

1 La Separazione
2 La lavanda dei Piedi
3 Gesù nell’orto del Getzemani
4 L’arresto
5 La caduta al Cedron
6 Gesù dinanzi ad Hanna
7 La negazione
8 Gesù dinanzi ad Erode
9 La flagellazione
10 La coronazione di spine
11 Ecce Homo
12 La sentenza
13 L’ascesa al Calvario
14 La spoliazione
15 La sollevazione della croce
16 La ferita al costato
17 La deposizione
18 Il trasporto al sepolcro
19 Gesù nell’urna
20 L’Addolorata

 

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delle schede

 

Nei vari momenti del supplizio subìto da Gesù nel pretorio di Gerusalemme, nel mattino del venerdì, alla Flagellazione segue la Coronazione di spine. I soldati di Pilato, “spogliatolo gli misero addosso un manto rosso; e, intrecciata una corona di spine, gliela misero in capo, e gli posero una canna nella destra. E piegando il ginocchio davanti a lui, lo schernivano dicendo: Salute, o re dei Giudei…” (Matteo XXIII, 27-29).
La scena rappresentata nel decimo gruppo processionale, “La coronazione di spine”, è composta da quattro personaggi: Gesù seduto, un soldato con armatura che gli pone sul capo la corona di spine, un centurione che dà ordini e sorveglia, un giudeo che per scherno, inginocchiato davanti a lui, lo deride con gesti ingiuriosi.
Il gruppo originario, affidato nel 1632 a fornai e mugnai, nel 1764 fu sostituito dall’attuale “poiché il vecchio era in stato da non potersi rimediare e ristorare, … e ristorandosi alla meglio, si perderebbe lo stesso per causa dell’antichità e vecchiaia” (atto 16 febbraio 1764, not. D. Adragna, trascritto da S. Accardi in www.). I consoli della categoria, dopo avere esaminato ed apprezzato il modello in creta presentato da Antonio Nolfo, diedero incarico al “perito scultore” di eseguire il gruppo, specificando però di variare la posizione dello “ingiuriante”, e di realizzarla uguale a quella del vecchio “mistero”. Il Nolfo accetta di rifare ex novo quanto richiestogli, “magistrevolmente, secondo… duratura e decoro…senza mai levar mano”, in modo da consegnare l’opera finita, prima della processione del Venerdì Santo che, in quell’anno, ricadeva il 25 aprile. Non sappiamo se lo scultore riuscì a rispettare i tempi di consegna, considerato che ricevette il saldo dell’opera due anni dopo, nel luglio 1766, assieme al pagamento di tre libbre d’oro zecchino, impiegato per indorare le vesti dei personaggi e per sei pennacchi (AST, atto 17 luglio 1766, not. D. Adragna). 
Il gruppo attuale è stato ricostruito dopo gli eventi bellici dell’ultimo conflitto mondiale, da Giuseppe Cafiero che ha riutilizzato i pezzi del precedente mistero e rispettato la composizione e l’iconografia dei personaggi
La scena, pur configurandosi ispirata ai modelli della pittura realistica seicentesca di derivazione caravaggesca, risulta statica e convenzionale ed ogni singola figura, sebbene variamente atteggiata ed intenta ad assolvere il proprio ruolo, recita la sua parte indipendentemente dalle altre. Lo scultore Nolfo tuttavia, nell’accomunare l’aspetto tragico della coronazione di spine a quello triviale dei gesti del giudeo dalla grinta plebea, che inginocchiato davanti a Gesù lo schernisce con gesti ingiuriosi, è riuscito a far trasparire sui volti i sentimenti dei personaggi: dolore e rassegnazione in Gesù, indifferenza e crudele ironia nel volto arcigno e affilato del tribuno e in quello del soldato, derisione nel giudeo dal caratteristico copricapo a turbante. 
La figura del cosiddetto “ingiurante”, trova riferimenti iconografici nello stesso soggetto di opere antecedenti ed in particolare in quello dell’affresco di Bernardino Luini “Incoronazione di spine”, eseguita nel 1516, nella chiesa di San Giorgio al Palazzo a Milano, del quale ripete la posizione e l’atto di eseguire i medesimi gesti volgari con la mano e con la lingua. 
Per il volto di Gesù, Antonio Nolfo utilizza il modello iconografico definito nella sua bottega e riprodotto anche nei gruppi realizzati dai figli Domenico e Francesco: capo inclinato, volto piccolo e profilato da una barba sottile e bipartita sul mento appuntito, palpebre socchiuse, bocca piccola da cui traspare la dentatura, baffi lunghi e sottili, capigliatura fluente con ciocche che ricadono sulle spalle. È sempre lo stesso volto sofferente di Gesù che vediamo nei gruppi “La caduta al Cedron”, “La sentenza”, “La spoliazione”, ma anche nel corpo morto di Cristo nell’urna. 
Durante la processione trapanese, la statua di Cristo è ornata da una corona di spine d’argento (metà sec. XVIII) eseguita dall’argentiere Michele Tombarello secondo l’iconografia consueta che la vuole formata da tralci di pianta spinosa; la simbolica canna, data a Gesù per schernire il suo potere, nel 1985 è stata trasformata, dall’estro popolare, in un ramo di ulivo d’argento. 
L’opera ha subito un intervento di restauro nel 1890 per mano di Pietro Croce; nel 1947 è stato ricostruito da Giuseppe Cafiero, ed infine nel 2002 Maria Scalisi ha effettuato il restauro conservativo. 
Il “Mistero” di Trapani fu preso a modello da Domenico Nolfo che nel 1770, per la “Venerabile Compagnia della Pietà di Monte di San Giuliano”, eseguì i quattro personaggi de “La coronazione di spine” dei “Misteri” di Erice, con la stessa tecnica polimaterica e ripetendo la composizione e l’iconografia dei personaggi del gruppo trapanese. 

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