Continuando a passeggiare per Trapani, alla scoperta di edifici liberty,
giungiamo in piazza Vittorio Veneto dove prospetta il monumentale Palazzo delle
Poste.
Ubicato su un intero isolato, fu edificato su un lotto trapezoidale di terreno
prospiciente l’ampio spazio urbano dell’ex Piazza Cavour, venutosi a creare in
seguito alla demolizione delle antiche mura urbiche, e di fronte il robusto
Palazzo fatto costruire, alla fine del secolo XIX, dal senatore del Regno
Giuseppe d’Alì.
L’edificio delle “Poste” fu progettato dal trapanese Francesco La Grassa, agli
inizi degli anni ‘20 del Novecento, su incarico diretto da parte della divisione
siciliana del Provveditorato alle Opere Pubbliche, nel momento in cui
l’ingegnere –architetto trapanese, allievo di Ernesto Basile, stava per
concludere la sua esperienza lavorativa a Roma.
La prima pietra venne posta il 10 luglio 1923, alla presenza del Ministro delle
Poste e Telegrafi, Giovanni Antonio Colonna di Cesarò, giunto a Trapani
appositamente per la cerimonia della posa, cui seguì un banchetto al teatro
Garibaldi. I lavori iniziarono nel 1924 e si protrassero fino al 1927, data
indicata sulla facciata; il costo complessivo dell’opera fu di 2.800.000 lire.
Nello stesso anno vi furono trasferiti gli uffici postali, già ospitati
nell’ex chiesa e convento di San Rocco, in via Turretta.
La Grassa concepì l’edificio come un corpo architettonico a tre elevazioni più
sviluppato in larghezza che in altezza e nella facciata che fa da quinta scenica
alla piazza sul lato sud, l’architetto giunse a risultati compositivi
simmetrici, intelaiandola tramite una teoria di lesene che sostengono archi
incassati dal sesto acuto, e inserendo le aperture in rigoroso allineamento.
Non mancano nella concezione generale del prospetto, taluni riferimenti al
passato, in particolare nelle colonne composite e negli archi di tipo islamico,
che La Grassa riesce ad amalgamare con un linguaggio lessicale più moderno e
orientato verso il liberty palermitano.
Se convenzionale risulta il pronao con pilastri agli angoli e colonne binate
nella parte mediana, appaiono invece più inclini alle tendenze basiliane i
pilastrini che si innalzano al di sopra del parapetto che fa da coronamento; i
due timpani centinati fanno poi tornare alla mente gli stessi elementi dello
stabilimento balneare di Mondello, progettato da Basile.
La Grassa non indulge molto nella decorazione ma lascia alla stessa superficie
muraria il compito di creare contrasti chiaroscurali tramite le modulazioni
degli archi e le aperture tripartite, sua caratteristica “firma”, ereditata dal
maestro.
Nella scelta dei dettagli decorativi tralascia il repertorio floreale e,
adeguandosi alla destinazione dell’edificio a POSTE E TELEGRAFI come riportato
nei due timpani, utilizza dei simboli postali: telefoni, telegrafi, buste
ceralaccate, campanelli, isolanti, fili e persino simboli del Codice Morse
vengono riprodotti sulla facciata o nelle inferriate e, raggruppati in ricercate
composizioni, disposti in fila, sotto il cornicione. Su ognuno dei timpani
inserisce poi quello che è stato uno dei loghi delle Poste, ossia due grandi ali
spiegate, qui formate da finte piume a riccioli e volute affrontate.
Più prettamente orientato verso il linguaggio modernista - o “liberty” come in
Italia venne definito - risulta invece l’interno dove linee sinuose percorrono
pareti, soffitti, arredi lignei, vetri ed inferriate, con una varietà di
soluzioni proprie dell’art nouveau.
Splendido il velario in vetro policromo, realizzato con la lavorazione a gran
fuoco e montato a mosaico con struttura in piombo dal palermitano Pietro
Bevilacqua, artista prediletto e collaboratore di Ernesto Basile che lo chiamò a
Roma per creare il grande velario dalle vivaci cromie dell’aula di Montecitorio,
da lui progettata.
Particolarmente interessante la sistemazione della sala per il pubblico delle
“Poste” trapanesi, di forma semicircolare e coperta dal velario, nella quale gli
sportelli, radialmente disposti, con i vetri policromi e le strutture in ferro
bene si abbinano a tutto il contesto liberty. Originale anche la grande scala
dai gradini in massello di pietra a sbalzo, protetta da una inferriata in ferro
battuto, decorato con simboliche buste. Né vanno sottovalutati i decori dei
soffitti, alla cui esecuzione partecipò anche uno dei più noti pittori del
liberty palermitano, Salvatore Gregorietti, altro collaboratore di La Grassa, un
pittore capace di abbellire soffitti e pareti con fraseggi grafici di respiro
europeo, abbinati alle figurazioni della tradizione siciliana.
Lina Novara
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