Negli anni ‘20 del Novecento Francesco la Grassa, per il notaio
Giacomo Montalto, progettò un edificio a tre elevazioni che, con il
suo bovindo, mostra un elemento insolito nel linguaggio
dell’architetto.
Tipica è invece l’apertura tripartita posta nella torretta che si
innalza al disopra della cornice dell’ultimo piano: è questa un
motivo costante nelle opere di La Grassa, rivisitata dal repertorio
del suo maestro Ernesto Basile, e più volte riproposta in altri
edifici diventando la sigla personale dell’architetto trapanese.
Le finestre al piano terreno e i balconi nei restanti piani sono
rigorosamente allineati; la facciata tersa ed essenziale è segnata
in orizzontale dalle bugne della zoccolatura, dalle modanature che
l’attraversano come nastri tesi e dalla fascia decorata che fa da
cornicione.
Ferri battuti, decorazioni floreali e vetri qui si combinano
perfettamente e il gusto liberty trova la sua più alta espressione
nella composizione di rosette e tralci stilizzati in vaso, sotto la
finestra del bovindo.
Avviandoci verso l’interno leggiamo nell’ingresso: FRANCESCO LA
GRASSA FECIT e la data 1925.
Salendo poi la scala a più rampe e dando uno sguardo alla ringhiera
in ferro battuto, nella quale è ripetuta la lettera M, iniziale del
cognome Montalto, giungiamo al primo piano dell’edificio.
Entriamo quindi in quello che fu l’appartamento del giudice Gian
Giacomo Ciaccio Montalto, nipote del notaio.
Ci accoglie un’esuberanza di colori e di decori che, tra liberty e
decò, si sviluppano dai pavimenti alle pareti e fino ai soffitti.
Assai preziosa è la pavimentazione con le cementine liberty, una
tipologia di piastrelle a base di impasto di cemento colorato, molto
utilizzata nei primi del Novecento.
Il repertorio figurativo dei decori comprende volute ed elementi
floreali stilizzati ma anche motivi geometrici come fasce lineari,
cerchi, quadrati, rettangoli e composizioni di vario tipo.
Quello che più colpisce è la preziosità delle carte da parati:
dischi dorati, fitti motivi di fiori stilizzati tra arance, limoni,
uva e melograni offrono agli occhi un tripudio di colori vivaci e
tinte neutre legandosi ora al gusto floreale ora a quello decò.
Nel vano d’ingresso ai fiori si sostituiscono suggestive forme
geometriche, tratte dalla cultura azteca, in tema con l’art decò
degli anni ‘20 ‘30.
L’apparato decorativo di volte e cornici ripete i motivi delle
pareti e, in alcuni casi, ispirandosi alla morfologia vegetale,
privilegia la linea curva: una linea che si attorciglia, si
raddoppia, si moltiplica fino a trasformarsi nel tipico colpo di
frusta del Liberty.
La decorazione diventa poi originalissima nel cosiddetto salottino
siciliano dove un carretto, una ruota, un tavolo e dei vasi fanno da
cornice al soffitto mentre un tappeto, dai tipici motivi ericini,
scivola sulle pareti.
Prima di lasciare l’appartamento non possiamo non osservare i vetri
colorati nelle tonalità del blu, del giallo e del verde e non
notare, nel vano scala, l’occhio magico che si apre su una parete.
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dell'interno
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