ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani
 
   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il termine Pietà fa quindi riferimento al coinvolgimento emotivo e non al soggetto iconografico che invece rappresenta Maria con il corpo di Cristo morto sulle gambe.

 

 

 

 

Secondo una tradizione non documentata, il dipinto sarebbe stato eseguito da Narciso Guidone o Giuseppe Arnino, pittori attivi a Trapani dalla seconda metà del secolo XVI ai i primi decenni del XVII.

 

 

 

 

 

 

Nella parte posteriore di essa è collocato un dipinto con il Santo volto di Gesù coronato di spine, impresso nel drappo della Veronica e sorretto da un angelo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La tela apparteneva alla Compagnia di Sant’Annella, costituitasi nel 1608 nella chiesa di S. Anna e dopo trasferitasi nella vicina chiesetta di Sant’Annella, nei pressi dell'attuale Piazza Jolanda.

 

L’opera viene riferita al pittore Giovanni Battista de Vita, attivo a Trapani nei primi due decenni del Seicento

 

 

 

 

 

 

Nella parte posteriore di essa è collocato un dipinto tardo ottocentesco con il Santo volto di Gesù coronato di spine, impresso nel drappo della Veronica e sorretto da un angelo.

 

 

 

 

 

Le due “Madonne”: la Madre Pietà dei Massari e la Madre Pietà del Popolo*  


Madre Pietà dei Massari


Madre Pietà del Popolo

Il martedì ed il mercoledì della Settimana Santa, tradizionalmente si svolgono a Trapani due processioni, ora sospese a causa della emergenza sanitaria: il martedì quella della Madre Pietà dei Massari, un dipinto che raffigura la Vergine Addolorata,  il mercoledì quella della Madre Pietà del Popolo, un’opera molto simile alla precedente e dalle stesse caratteristiche iconografiche.
 

Madre Pietà dei Massari

Il dipinto, comunemente denominato Madre Pietà dei Massari, raffigura la Vergine Addolorata, a mezza figura, avvolta in un manto blu.
Il soggetto corrisponde alla Mater dolorosa che, pur non avendo riscontri nei passi evangelici, trova riferimenti in una tradizione devozionale affermatasi particolarmente nel secolo XIII, periodo in cui sorsero diversi santuari in suo onore e furono composte le prime opere a Lei ispirate, come le «Laudi» e i componimenti latini di Jacopone da Todi.
Al celebre testo dello «Stabat Mater» si sono ispirati musicisti di ogni epoca e la Vergine Addolorata durante il corso dei secoli, è stata il soggetto di tante opere pittoriche e scultoree di grandi maestri, tutti impegnati nell’esprimere la grande sofferenza di Maria.
La sacra raffigurazione della Mater dolorosa è legata alla pratica devozionale, soprattutto delle madri, di confrontarsi con il dolore di Maria, compatendone le sofferenze e trovando conforto per le proprie, tramite la pietà, l'immedesimazione e la preghiera, ispirate dalla sacra immagine.
Il termine Pietà fa quindi riferimento al coinvolgimento emotivo e non al soggetto iconografico che invece rappresenta Maria con il corpo di Cristo morto sulle gambe.
La Vergine Addolorata raffigurata nel dipinto ha il volto ovale, leggermente inclinato sulla spalla destra, gli occhi socchiusi e lo sguardo rivolto verso il basso, le mani giunte con le dita intrecciate tra le quali si inserisce un lungo pugnale.
La posizione delle mani indica la forte tensione che la Madonna, con questo gesto, cerca di scaricare a livello fisico.
Davanti a Lei sta un piccolo tavolo sul quale sono poggiati tre dadi, posti al centro di una corona di spine, e tre chiodi, chiari riferimenti alla Passione e Morte di Cristo.
Il simbolo che identifica la sacra immagine è il pugnale, alludente alla profezia dell’anziano Simeone che, in occasione della presentazione di Gesù al tempio, aveva predetto a Maria che una spada le avrebbe trafitto il cuore, preannunciandole così le difficoltà che avrebbe dovuto incontrare e superare.
L’evangelista Luca (2, 34-35), così scrive: «Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
Secondo una tradizione non documentata, il dipinto sarebbe stato eseguito da Narciso Guidone o Giuseppe Arnino, pittori attivi a Trapani dalla seconda metà del secolo XVI ai i primi decenni del XVII. L’opera sembra piuttosto collegarsi alla più tarda arte devozionale sei-settecentesca, di gusto pietistico-espressivo.
Probabilmente l’artista che eseguì il dipinto trapanese si servì di stampe devozionali, incisioni e opere che riproducevano l’immagine dell’Addolorata ed, in particolare, sembra di poter cogliere riferimenti in un’opera del pittore fiorentino Carlo Dolci (1616 – 1687), più volte riproposta dai suoi seguaci fino a Settecento inoltrato, e utilizzata spesso, come immaginetta votiva soprattutto per i cosiddetti «santini».
Va poi ricordato che a Trapani, esisteva già dal ‘500 una tavola raffigurante la Madonna dei sette dolori, ora custodita nella chiesa dell’Addolorata, che presenta la stessa iconografia con la variante di sette pugnali.
Inoltre presso la Compagnia di Gesù e nella scuola e nei laboratori francescani erano presenti stampe e repertori iconografici dai quali gli artisti usavano prendere spunto.
Il dipinto è inserito in una grande cornice, in stile neoclassico, detta “vara”, voluta da Antonino Mistretta e Vincenzo Bonomo e ultimata nel 1962 presso la falegnameria dei Fratelli Oliveri che riproposero le forme di una precedente vara.
Nella parte posteriore di essa è collocato un dipinto con il Santo volto di Gesù coronato di spine, impresso nel drappo della Veronica e sorretto da un angelo.
Come nei dittici bizantini l'immagine dell’Addolorata è qui collegata a quella di Cristo poiché la Madre di Dio non può mai essere disgiunta dal Figlio.
In tali dittici la Madre è sempre dolente e afflitta, richiamando la scena della Crocifissione.
La sacra raffigurazione della Madre Pietà apparteneva alla Congregazione dei Massari, dedicata a San Cristoforo, che ebbe sede presso la chiesa di San Rocco (nell' attuale Via Turretta) e, dal 1775, anche nella chiesa di Santo Spirito (tra le odierne via Libertà e Corso Vittorio Emanuele).
Il termine "massaro", di probabile origine assira, corrispondente all'ebraico melsar, definisce la persona intenta a lavori di fatica, ma con lo stesso termine si indica anche una persona attiva e operosa.
La processione in passato si svolgeva il mercoledì Santo e, nel Piano di San Rocco, come ancora oggi accade, in un primo tempo veniva costruito un altare in legno e successivamente una vera e propria cappella dove deporre la sacra immagine per venerarla e vegliarla per tutta la notte.
Nel 1956, dovette essere anticipata di un giorno, spostandosi così al martedì, con il ritorno in chiesa, da piazza Lucatelli, non più nella sera di giovedì ma di mercoledì.
La sacra immagine, sfila in processione, ornata di argenti, donati da fedeli come ex voto, e in parte riproducenti gli strumenti della Passione di Cristo.  (L.N.)
 
Madre Pietà del Popolo

Il dipinto, ora affidato alla cura dei fruttivendoli e del popolo, portato in processione nel pomeriggio del Mercoledì Santo, raffigura la sacra immagine di Maria Addolorata, a mezza figura, secondo i canoni iconografici della Mater dolorosa, un soggetto che non ha riscontri nei passi evangelici ma trova riferimenti in una tradizione devozionale affermatasi particolarmente nel secolo XIII, periodo in cui sorsero diversi santuari in suo onore e furono composte le prime opere a Lei ispirate, come le Laudi o lo Stabat mater di Iacopone da Todi.
Al celebre testo dello Stabat Mater si sono ispirati musicisti di ogni epoca e la Vergine Addolorata è stata il soggetto, durante il corso dei secoli, di tante opere pittoriche e scultoree di grandi maestri, tutti impegnati nell’esprimere la grande sofferenza di Maria.
In virtù del culto molto diffuso verso la Vergine Addolorata, molte confraternite e congregazioni religiose furono, e sono tuttora poste, sotto il nome dell’Addolorata.
Il soggetto, dal punto di vista iconografico, oltre a Mater Dolorosa, viene denominato in altri modi e fra questi semplicemente Dolorosa, o Maria della Pietà.
La sacra raffigurazione della Mater dolorosa è legata alla pratica devozionale, soprattutto delle madri, di confrontarsi con il dolore di Maria, compatendone le sofferenze e trovando conforto per le proprie, tramite l'immedesimazione, la pietà e la preghiera ispirate dalla sacra immagine.
Il termine Pietà fa quindi riferimento al coinvolgimento emotivo e non al soggetto iconografico che invece rappresenta Maria con il corpo di Cristo morto sulle gambe.
La Vergine Addolorata raffigurata nel dipinto intitolato Madonna della Pietà del Popolo, ha un velo bianco sul capo ed è avvolta in un manto blu: ha il volto ovale, inclinato sulla spalla destra, gli occhi socchiusi e lo sguardo rivolto verso il basso, la bocca piccola da cui traspare la dentatura, le mani giunte con le dita intrecciate che indicano la forte tensione che la Madonna, con questo gesto, cerca di scaricare a livello fisico.
Davanti a Lei sta un piccolo tavolo su cui sono poggiati un chiodo, la punta di una lancia ed un flagello, simboli della Passione e Morte di Cristo.
La tela apparteneva alla Compagnia di Sant’Annella, costituitasi nel 1608 nella chiesa di S. Anna e dopo trasferitasi nella vicina chiesetta di Sant’Annella, nei pressi dell'attuale Piazza Jolanda.
La sacra immagine, ritenuta miracolosa, era collocata nel quarto altare di sinistra, ricco di ex voto; non sfilava in processione ma spesso veniva portata nelle case dei fedeli che chiedevano la grazia per un congiunto ammalato.
Nel 1723, su autorizzazione del vescovo di Mazara, Bartolomeo Castelli, i confrati poterono condurre il quadro in processione per la prima volta il Giovedì Santo.
Dal 1956, per decisione del vescovo di Trapani, Mons. Corrado Mingo, la processione venne spostata al Mercoledì Santo.
L’opera viene riferita al pittore Giovanni Battista de Vita, attivo a Trapani nei primi due decenni del Seicento, del quale si sa che aveva ricevuto la commissione di un quadro raffigurante la Pietà con due angeli nell’atto di reggerla.
Probabilmente è stato il titolo di quest’ultimo dipinto a determinare l’attribuzione della Pietà del Popolo a De Vita.
La drammaticità e la componente realistica vanno tuttavia ricercate nell’arte devozionale-barocca, che trae spunti dal filone della pittura seicentesca napoletana, di ambito pietistico-popolare.
Rispettando l’iconografia tradizionale, conosciuta attraverso stampe devozionali, santini e incisioni di opere di grandi artisti, il pittore cerca di interpretare il dolore di Maria, dando al suo volto, carica emotiva, e mettendo in evidenza l’immenso dolore.
L’opera sembra trovare riferimenti nel dipinto della Madonna della Confusione, un tempo esistente presso la chiesa dell’Epifania, dei padri Cappuccini.
Il quadro della Pietà del Popolo, secondo il restauratore Francesco Carozzo che ha eseguito un restauro nel 1990, faceva parte di una composizione più ampia dalla quale venne ritagliata la mezza figura della Vergine Addolorata.
La tela è inserita dal 1778 in una grande cornice di legno, detta "vara", in stile barocco, progettata dall'architetto Luciano Gambina e indorata da Vincenzo Violante.
Nella parte posteriore di essa è collocato un dipinto tardo ottocentesco con il Santo volto di Gesù coronato di spine, impresso nel drappo della Veronica e sorretto da un angelo.
Come nei dittici bizantini l'immagine dell’Addolorata è collegata a quella di Cristo poiché la Madre di Dio non può mai essere disgiunta dal Figlio.
In tali dittici Maria è sempre dolente e afflitta, richiamando l’iconografia della Crocifissione, nella quale è posta sotto la croce.
Durante il percorso processionale, nella piazza Lucatelli, ha luogo l’incontro con l’altra icona di Maria, la Madre Pietà dei Massari che già dalla sera precedente sosta nella cappella allestita nella piazza.
Nel momento dell’incontro fra le due sacre immagini, i consoli delle due maestranze – massari e fruttivendoli- si scambiano i ceri, in ricordo di un’antica tradizione tra le due categorie.
Al termine del rito, la Madre Pietà del Popolo riprende il percorso nel centro storico per rientrare, nella tarda serata, nella chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, dove è custodita tutto l’anno.
Nel 1975, a causa di un furto la venerata immagine venne spogliata degli antichi preziosi ex voto, in seguito sostituiti dagli oggetti in oro e argento che tuttora la ornano, offerti dai fedeli.
Il quadro ha origine come dipinto ad olio su tela, ma attualmente la tela è applicata su una tavola di legno. (L.N.)
 
 

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