ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO PEPOLI  -  Trapani

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1853 il Vela si era trasferito a Torino, dove gravitava presso la corte sabauda, divenendo maestro ufficiale di Casa Savoia e godendo della fiducia del sovrano e dello stesso Camillo Benso di Cavour, del quale fu intimo amico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Garibaldi fu l’eroe del Risorgimento al quale Vela (a lui accomunato da nobili ideali politici) dedicò maggior attenzione, ritraendolo svariate volte nel corso della sua carriera professionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Attraverso il sottile gioco delle luci e delle ombre il marmo si anima nell’elaborato colletto dell’uniforme, nella fascia che si insinua fra i bottoni della giacca, nel complesso groviglio dei cordami sul petto, nella varietà delle decorazioni militari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il busto del Cavour può essere considerato un esempio di ritratto psicologico, espressione di quell’intima consonanza di ideali ed intenti tra il modello e l’autore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La svolta in senso naturalista-verista del Croce apparirà ancora più marcata in opere più tarde come il busto inserito nel Monumento funebre del vescovo Francesco Ragusa della Cattedrale di San Lorenzo a Trapani, opera del 1887, o il busto di Giuseppe Castronovo della Biblioteca Cordici di Erice, opera firmata del 1896.

1861-2011

150° anniversario dell’Unità d’Italia

“Unita nelle Arti”

Dai Mille ai Padri del Risorgimento

 

La scultura celebrativa del secondo Ottocento nelle collezioni del Museo Pepoli

Daniela Scandariato

I tre busti in marmo bianco di Carrara di Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Camillo Benso, Conte di Cavour, furono commissionati su delibera del Consiglio Provinciale di Trapani per rendere onore ai grandi padri dell’unificazione nazionale e per ornare la Sala del Consiglio(1), all’epoca ubicata presso l’ex convento gesuitico di Trapani. Il progetto iniziale, che si data al 1861, prevedeva la realizzazione dei soli busti di Garibaldi e Vittorio Emanuele, ma nel 1862, probabilmente a seguito della inaspettata scomparsa del Cavour (avvenuta nel giugno 1861), si decise di affiancare ai primi due anche il busto dello statista piemontese(2). Le opere risultano documentate nella sede originaria sin dal 1863, come attestano gli Atti del Consiglio Provinciale di Trapani(3). Con l’edificazione del Palazzo della Prefettura e dell’Amministrazione provinciale di Trapani, inaugurato nel 1878, i busti furono trasferiti nella nuova Sala Consiliare; in tale sede risultano ancora presenti nel 1914,secondo la testimonianza dell’Augugliaro(4), e rimasero sino al dicembre del 1952, data in cui vennero ceduti in deposito al Museo Pepoli. Il direttore del Museo Carlo Messina, nell’accogliere le opere, si impegnava a conservarle opportunamente e non escludeva l’ipotesi di esporle nel futuro, nel quadro delle possibilità offerte dal riordinamento del percorso espositivo(5). I busti sono stati conservati nei depositi museali sino al marzo del 2011, data in cui, in occasione del 150° dell’Unità d’Italia sono stati restituiti alla pubblica fruizione. Sono opere dello scultore ticinese Vincenzo Vela (Ligornetto 1820-1891), che le realizzò nel 1862, come attesta l’iscrizione ben visibile sul retro delle tre basi, recante la firma dell’autore e la data d’esecuzione (V. VELA. F. 1862). Commissionati subito dopo la proclamazione dello Stato unitario, si inseriscono in quel genere della statuaria celebrativa e monumentale che ebbe un’ampia fioritura in Italia nella seconda metà dell’Ottocento quale strumento di legittimazione del nuovo status quo.

Le tre opere appartengono alla stagione della maturità dell’artista, uno dei più rappresentativi protagonisti della scultura italiana del secondo Ottocento, che grazie al suo impegno attivo per la causa dell’indipendenza nazionale svizzera ed italiana, costituisce uno dei più significativi esempi di artista-militante, fedele all’indissolubilità del binomio arte-vita. Nel 1853 il Vela si era trasferito a Torino, dove gravitava presso la corte sabauda, divenendo maestro ufficiale di Casa Savoia e godendo della fiducia del sovrano e dello stesso Camillo Benso di Cavour, del quale fu intimo amico. Espressione della stima goduta nell’ambiente di corte fu il riconoscimento della onorificenza dell’Ordine Mauriziano nel 1854 e l’assunzione nel 1856 della cattedra di scultura presso l’Accademia Albertina, incarico che mantenne sino al 1867.

Il tema patriottico risultava assai congeniale alla sua sensibilità di artista-militante e con esso il maestro si era già cimentato in svariate occasioni, anche durante la sua permanenza nella capitale sabauda, dove nel 1857 aveva realizzato il Monumento all’alfiere dell’esercito sardo. La scelta apparentemente singolare da parte del Consiglio provinciale di Trapani di uno scultore ticinese di nascita, operante a Torino, che non sembra avere avuto altri contatti con la Sicilia nel corso della sua carriera professionale può a mio avviso giustificarsi alla luce delle influenti frequentazioni del maestro nell’ambito della corte sabauda. Possibile trait d’union per questa commessa potrebbe essere stato il marchese Vincenzo Fardella di Torrearsa, protagonista, insieme con Ruggiero Settimo, della Rivoluzione palermitana del ’48, esule, dopo la repressione dei moti rivoluzionari, a Genova ed a Torino, città in cui godette della stima del Cavour e dello stesso Vittorio Emanuele, come attesta il suo carteggio conservato presso la Biblioteca Fardelliana di Trapani(6). Nel 1861 fu vicepresidente della Camera dei Deputati del Parlamento italiano, che aveva sede a Torino e subito dopo, su incarico del Cavour, fu ambasciatore del nuovo Regno d’Italia presso Svezia, Norvegia e Danimarca(7). Il prestigio goduto dal marchese presso la corte sabauda e le sue importanti frequentazioni potrebbero giustificare, pur in assenza, al momento, di oggettivi riscontri documentari, il suo presunto ruolo di mediatore con l’entourage culturale della Torino sabauda.

Alle tre illustri creazioni di Vincenzo Vela si affiancano, nella rinnovata sede espositiva del Museo Pepoli, i busti celebrativi dei due sovrani di Casa Savoia Umberto I e Vittorio Emanuele III, l’uno opera dello scultore ericino Leonardo Croce, l’altro del fratello minore Giuseppe, e provenienti, come i primi tre, dalla Sala Consiliare della Provincia di Trapani.

Busto di Giuseppe Garibaldi

Vincenzo Vela (Ligornetto 1820 - 1891)

1862

Marmo, cm 82 x 67 x 37

Iscrizione: V. VELA. F. 1862

Inv. 6228

Il busto di Giuseppe Garibaldi, realizzato in marmo di Carrara, è sorretto da un piedistallo a sezione circolare, a sua volta poggiante su base di forma quadrata. L’eroe viene raffigurato in età matura, con il classico poncho sudamericano morbidamente abbottonato sulla spalla sinistra, secondo quell’iconografia ufficiale, divenuta canonica, che si affianca all’altra, altrettanto diffusa, che ritrae l’eroe con la camicia rossa da combattente ed il fazzoletto annodato al collo. Il capo appare appena ruotato a sinistra, l’ampia fronte leggermente aggrottata, le arcate sopracciliari sporgenti, a incorniciare uno sguardo fermo e profondo, fermamente proiettato nella futura impresa. L’opera riporta sul retro la firma dell’autore (V. VELA F.) e la data d’esecuzione (1862). La sua importanza scaturisce dal fatto che essa potrebbe costituire una delle prime versioni di ritratto del generale realizzate dall’artista, se non addirittura la prima, dal momento che, allo stato attuale, sono note svariate versioni del medesimo soggetto di diverso formato (busti o sculture a figura intera) eseguite verosimilmente in una fase successiva, a partire dal 1864. Non è certo un caso se Garibaldi fu l’eroe del Risorgimento al quale Vela (a lui accomunato da nobili ideali politici) dedicò maggior attenzione, ritraendolo svariate volte nel corso della sua carriera professionale. Sebbene un contatto tra i due non sia ufficialmente documentato, sembra molto probabile che essi si siano incontrati in occasione di una delle due visite compiute dal generale in Canton Ticino, in particolare in quella del giugno del 1862(8), ed è interessante notare come tale data coincida proprio con l’anno di realizzazione del busto Pepoli. Le svariate fotografie di Garibaldi appartenute al maestro, oggi confluite nelle collezioni del museo Vela di Ligornetto, confermano la metodologia operativa dello scultore, che soleva affiancare all’osservazione dal vero del modello l’esame delle fonti iconografiche, in modo tale da plasmare i dati fisionomici senza trascurare i tratti distintivi della personalità(9).

Presso il già citato museo ticinese si conserva la copia in gesso dell’esemplare Pepoli(10), assimilabile a questa sia nelle misure sia nella forma della base, unitamente ad un ulteriore modello in gesso dal formato ad erma, in cui l’eroe è raffigurato, diversamente dall’esemplare in esame, con camicia garibaldina e fazzoletto annodato al collo. Da quest’ultimo fu verosimilmente ricavato, secondo la ricostruzione operata da Gianna Mina, un busto ad erma in marmo, commissionato nel 1864 al Vela dal suo intimo amico e patriota militante Giacomo Ciani(11). Tale versione fu tuttavia rifiutata dal committente, che in una lettera autografa indirizzata allo stesso scultore richiese espressamente, in luogo del primo, un busto con le spalle, in cui l’eroe fosse vestito con il classico poncho sudamericano. La prima versione fu quindi sostituita nello stesso anno con una seconda ancora in marmo, oggi purtroppo dispersa, della quale si conserva soltanto un’antica fotografia(12), che appare molto simile, se non identica, alla versione Pepoli, di due anni precedente. Un altro busto ad erma in marmo del medesimo soggetto fu donato dallo stesso Vela al Duca di Sutherland, in occasione del viaggio del generale in Inghilterra nel 1864, per rispondere alla trionfale accoglienza che gli inglesi riservarono all’eroe. Esso è stato recentemente rinvenuto nelle collezioni dei Duchi di Sutherland ed è tuttora conservato nel castello di Dunrobin in Scozia(13). A questo seguirono diverse successive versioni, da quello datato 1865 ed oggi conservato nella Casa Garibaldi di Montevideo, a quello decisamente tardo, datato 1883, commissionato dalla città di Correggio e attualmente collocato nell’atrio del Municipio.

Busto di Vittorio Emanuele II

Vincenzo Vela (Ligornetto 1820 - 1891)

1862

Marmo, cm 82 x 76 x 37

Iscrizione: V. VELA. F. 1862

Inv. 6227

Il busto di Vittorio Emanuele II costituisce una replica autografa di quello attualmente conservato presso la Galleria dell’Accademia Albertina di Torino, realizzato secondo il Cinelli tra il 1854 ed il 1855(14), subito dopo il conseguimento da parte del Vela, nel 1854, dell’onorificenza dell’ordine mauriziano, evento che segna l’esordio dello scultore quale maestro ufficiale di Casa Savoia. L’opera, che precederebbe di poco la nomina a professore della prestigiosa Accademia, avvenuta nel 1856, si configura come un autentico ritratto dal vero, considerato il rapporto di stima e benevolenza che legava il sovrano al maestro e la consonanza di ideali patriottici tra i due. Presso il Museo Vela di Ligornetto si conserva un modello in gesso, che molto verosimilmente fu utilizzato dall’autore sia per l’esemplare torinese, sia per la più tarda replica del Pepoli, datata 1862.

Nella rappresentazione del sovrano lo scultore, pur propendendo per un’impostazione frontale, secondo la tradizione del ritratto aulico-celebrativo, non tralascia di delineare con fine intuito psicologico i tratti salienti della personalità del suo modello: lo sguardo deciso entro le orbite leggermente incavate e la fronte leggermente aggrottata, a denotare il piglio tenace e la fermezza del carattere. La divisa militare può considerarsi un saggio di quella abilità nella resa materica dei tessuti che caratterizza la migliore produzione del ticinese: attraverso il sottile gioco delle luci e delle ombre il marmo si anima nell’elaborato colletto dell’uniforme, nella fascia che si insinua fra i bottoni della giacca, la cui consistenza serica è rivelata da sorprendenti cangiantismi, nell’ampio collo dello spencer di pelliccia, la cui morbidezza è quasi palpabile al tatto, nel complesso groviglio dei cordami sul petto, nella varietà delle decorazioni militari (si vedano in particolare la placca di Gran Maestro dell’ordine dell’Annunziata e il Collare di Cavaliere dell’Ordine).

Fortissime affinità iconografiche e stilistiche sono rintracciabili nel Monumento a Vittorio Emanuele II, a figura intera, oggi nel portico del Palazzo di Città a Torino, realizzato dal Vela per il Consiglio Municipale della capitale sabauda nel 1863.

Busto di Camillo Benso, Conte di Cavour

Vincenzo Vela (Ligornetto 1820 - 1891)

1862

Marmo, cm 78 x 63 x 40

Iscrizione: V. VELA. F. 1862

Inv. 6229

Il busto costituisce una delle numerose repliche eseguite dall’artista ticinese da un originale ritratto dal vivo ed eseguito probabilmente nel 1856; tale data costituisce un terminus post quem, dal momento che il personaggio viene ritratto con il Collare di Cavaliere dell’Ordine dell’Annunziata, onorificenza che il Cavour ricevette appunto in quell’anno(15). Una prima replica dell’originale, eseguita per una società di cittadini fiorentini, fu poi offerta in dono allo statista ed è attualmente conservata nella sua casa-museo di Santena; altri esemplari sono segnalati presso il Camposanto di Pisa, il Circolo degli artisti di Torino, il Museo del Risorgimento della stessa città, la Camera dei Deputati a Montecitorio e la Biblioteca di Ginevra(16). Il Museo Vela di Ligornetto conserva attualmente due diversi modelli in gesso del soggetto, che presentano leggere varianti, l’uno con piedistallo a sezione ottagonale su base quadrata, l’altro con piedistallo a sezione circolare.

Il busto del Cavour può essere considerato un esempio di ritratto psicologico, espressione di quell’intima consonanza di ideali ed intenti tra il modello e l’autore. Questi lo ritrae con il capo volto a destra, i capelli leggermente scomposti, la fronte spaziosa, lo sguardo lucido ed arguto che incrocia quello dell’osservatore, le labbra sottili inarcate in un lieve sorriso, dal quale sembra trapelare una sottile ironia. L’opera presenta notevoli affinità formali con il distrutto monumento a figura intera del medesimo soggetto che il maestro realizzò tra il 1861 ed il 1863 per la Borsa Merci di Genova, distrutto nel 1942, del quale si conserva il modello in gesso presso il Museo Vela di Ligornetto.

Busto di Umberto I

Leonardo Croce (Erice, 1854 - 1921?)

1878

Marmo, cm 86 x 70 x 37

Iscrizione: L. CROCE ROMA 1879 FECE

Inv. 6230

 

Il busto di Umberto I è opera dello scultore ericino Leonardo Croce, che, come attesta la firma incisa sul lato sinistro del piedistallo (L. CROCE ROMA 1879 FECE), lo eseguì, appena venticinquenne, nel 1879, durante il periodo di formazione compiuto nella capitale. L’opera giunge al Museo Pepoli nel 1952 dalla sede della Provincia di Trapani, dove era collocata nella Sala Consiliare, insieme ai tre busti di Vincenzo Vela, come attesta peraltro la testimonianza dell’Augugliaro(17). Una notizia diversa viene invece riportata dal Sarullo, secondo il quale la scultura sarebbe stato eseguita per il Municipio di Trapani(18). L’opera venne commissionata dal Consiglio Provinciale all’artista, figlio del già affermato scultore e pittore Pietro Croce, per rendere onore al novello sovrano subito dopo la sua ascesa al trono d’Italia, nel 1878.

Il giovane Croce, che in quegli anni deteneva uno studio fuori Piazza del Popolo, aveva compiuto il suo apprendistato presso la bottega paterna, molto ben avviata in territorio ericino(19), e si era accostato in età giovanile ai modi della scultura neoclassica, come attesta una delle sue prime opere, il monumento funebre ai coniugi Fontana nella Chiesa Madre di Buseto Palizzolo. Il busto del Museo Pepoli sembra segnare una svolta in senso naturalistico, probabilmente favorita dai contatti con gli ambienti della capitale. L’autore rappresenta il sovrano, reduce dalle valorose imprese nella II e nella III Guerra d’Indipendenza, nelle vesti ufficiali del Re militare, con divisa, spencer di pelliccia e decorazioni al petto. Tuttavia, pur cimentandosi con il genere del ritratto celebrativo, accantona la rigida visione frontale, tipica del ritratto aulico, conferendo al capo una leggera rotazione a sinistra; inoltre, ispirandosi probabilmente ad un modello fotografico (fonte di ispirazione potrebbe essere stata una fotografia acquerellata di Luigi Montabone, eseguita tra il 1870 ed il 1877), propende per una fedele adesione al dato fisionomico: la fronte ampia, gli occhi sottili entro orbite profonde, lo sguardo aggressivo, i folti baffi. Ancora un preciso intento di fedeltà al vero induce il Croce, certamente sensibile alle influenze del Vela, a porre particolare cura nella resa materica dell’ampio colletto di pelliccia e nella analitica definizione delle decorazioni della divisa. Ancora nel 1879 il giovane scultore esegue a Roma il busto di Vittorio Emanuele II re d’Italia, oggi al Museo Cordici di Erice, che presenta un’analoga iscrizione sul lato destro del piedistallo (L. CROCE ROMA 1879 FECE), ed in cui si ravvisano le medesime scelte stilistiche operate dal maestro nell’opera del Pepoli. La svolta in senso naturalista-verista apparirà ancora più marcata in opere più tarde, che denotano una maggiore maturità espressiva ed una più evidente adesione al dato oggettivo ed alla caratterizzazione fisionomica. Tra queste ricordiamo il busto inserito nel Monumento funebre del vescovo Francesco Ragusa della Cattedrale di San Lorenzo a Trapani, opera del 1887, o il busto di Giuseppe Castronovo della Biblioteca Cordici di Erice, opera firmata del 1896.

Busto di Vittorio Emanuele III

Giuseppe Croce (Trapani, 1860 - 1942)

1927

Marmo, cm 93 x 70 x 35

Iscrizione: G.PE CROCE AV 1927 TRAPANI

Inv. 6231

Il busto in marmo di Vittorio Emanuele III giunge al Museo Pepoli nel 1952 dal Palazzo della Provincia di Trapani. È opera dello scultore trapanese Giuseppe Croce, figlio di Pietro e fratello minore di Leonardo, che lo eseguì a Trapani nel 1927, come attesta la firma posta sul retro, in corrispondenza delle spalle (G.pe Croce AV 1927 Trapani). L’indicazione AV che affianca la data d’esecuzione, fa riferimento all’anno V dell’Era Fascista, la cui indicazione, di fianco alla data dell’era cristiana, divenne obbligatoria proprio a decorrere dal mese di ottobre del 1927. La commissione dell’opera da parte del Consiglio Provinciale di Trapani per l’esecuzione del busto del sovrano di casa Savoia, destinato a completare la serie di ritratti illustri già presente nella Sala Consiliare, segue di qualche anno la prima visita ufficiale del monarca a Trapani, compiuta l’8 giugno del 1922.

Si tratta di un’opera della maturità dell’artista, formatosi, come il fratello, nell’avviata bottega paterna, trasferitosi nella capitale per un periodo di apprendistato e rientrato nella città natale nel 1889, dove godette a lungo di un discreto prestigio, ricevendo numerose commissioni ufficiali e ricoprendo la carica di membro della Commissione Conservatrice dei monumenti e delle opere(20). La scultura è retta da un piedistallo in diaspro rosso a sezione circolare, a sua volta poggiante su di una base di forma ottagonale, la cui decisa cromia contrasta fortemente con il candore del marmo. Ispirandosi probabilmente ad una riproduzione fotografica, l’artista ritrae il sovrano, già maturo, nelle vesti di Re militare, con divisa e onorificenze in bella mostra. Tuttavia, pur muovendosi entro i ristretti limiti del ritratto celebrativo, non propende per una rappresentazione idealizzata del soggetto, soffermandosi piuttosto su taluni particolari realistici quali la fronte leggermente aggrottata, le sopracciglia folte, le rughe d’espressione attorno agli occhi, le occhiaie marcate.

NOTE

1   Atti del Consiglio Provinciale di Trapani nella sessione ordinaria del 1861, Trapani 1861, p. 103.

2   Atti del Consiglio Provinciale di Trapani nella sessione ordinaria del 1862, Trapani, 1862, p. 32.

3   Atti del Consiglio Provinciale di Trapani nella sessione ordinaria del 1863, Trapani, 1864, p. 17.

4   M. Augugliaro, Guida di Trapani, Trapani 1914, p. 253.

5   Archivio Storico Museo Int. Reg. “Pepoli” Trapani, vol. 1941-1955, serie IV, fasc. 4.

6   A dimostrazione degli influenti contatti del Torrearsa nell’ambito della corte sabauda, si veda la lettera autografa del Cavour a lui indirizzata da Torino il 15 gennaio del 1861, in Biblioteca Fardelliana, Carteggio Torrearsa, fasc.15.

7   S. Costanza, La libertà e la roba. L’età del Risorgimento, Trapani 1999, p. 259, nota n. 53.

8   G. A. Mina, I ritratti di Giiuseppe Garibaldi: cronologia di un rapporto ventennale tra artista e eroe, in Vincenzo Vela e Giuseppe Garibaldi. Ritratti e monumenti di iconografia garibaldina nelle collezioni del Museo Vela, Ligornetto 2007, pp. 19-28.

9    Ibidem.

10  Ibidem, fig. 2, p. 24.

11  Ibidem.

12  Ibidem, p. 25, fig. 3.

13  Ibidem, p. 20.

14  B. Cinelli, cat. 722, in Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna 1773-1861, a cura di E. Castelnuovo, M. Rosci, catalogo della mostra, Torino, maggio-luglio 1980, Torino 1980, vol. II, p. 658; G. Zanchetti, Vincenzo Vela scultore 1820-1891, tesi di Dottorato di ricerca, Milano, Università cattolica del Sacro Cuore, Milano 1998, p. 304.

15  Zanchetti, op. cit, pp. 329-330

16  Ibidem.

17  Augugliaro, op. cit.

18  S. Riccobono, Croce Leonardo, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, Scultura, vol. III, a cura di B. Patera, Palermo 1994, ad vocem.

19  Ibidem.

20 S. Riccobono, Croce Giuseppe, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, Scultura, vol. III, a cura di B. Patera, Palermo 1994, ad vocem.

 

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