Nel primo dei percorsi di conoscenza LEGNO TELA E COLLA, organizzati dal Museo
regionale di Trapani “Agostino Pepoli” in collaborazione con l’Associazione
Amici del Museo Pepoli, tenutosi il giorno 22 febbraio 2023, ha relazionato la
prof. Lina Novara, storico dell’arte e presidente della nostra Associazione,
trattando il tema “Le origini della tecnica”.
La relatrice ha sottolineato che nella ricerca delle origini della tecnica e
delle fonti a cui attinsero i maestri trapanesi, va tenuto presente che in tutta
l’arte del passato è stata impiegata una molteplicità di materiali e che gli
archetipi della tecnica polimaterica vanno individuati addirittura nell’arte
greca. Presso i Greci esisteva infatti un particolare tipo di scultura, l’acròlito,
ossia una statua della quale venivano scolpite solo la testa, le braccia, le
mani e i piedi, utilizzando pietra marmo o avorio; tutto il resto o era eseguito
con materiale meno pregiato o deperibile, per esempio il legno, oppure non
esisteva affatto, trattandosi unicamente di una struttura di sostegno o di una
impalcatura che tratteneva le estremità scolpite, poi rivestita con veri
panneggi in tessuto.
Quando alla fine del ‘500, le rigorose disposizioni del Concilio di Trento
vietarono le rappresentazioni sulla passione di Gesù con personaggi viventi,
nelle varie aree geografiche mediterranee di religione cattolica, si scelse di
affidare alle sculture processionali il compito di raccontare al popolo la
Passione di Cristo. A Trapani sul finire del secolo XVI e gli inizi del XVII, si
ricorse all'uso di gruppi scultorei da portare a spalle, raffiguranti i
“Misteri” dolorosi della Passione e realizzati con una tecnica polimaterica, poi
definita del “legno tela e colla”. La descrizione di essa si trova per la prima
volta nell’atto del 15 ottobre 1769 con il quale l’arte dei Barbieri commissionò
allo scultore trapanese Baldassare Pisciotta la ricostruzione del gruppo La
negazione: nella commissione si specifica che le statue dovevano essere in
“legno di cipresso nelle sole teste, braccia, mani, piedi ed in quella porzione
di gambe e petto… quali dovranno comparire ignudi”; tutto il resto, cioè la
struttura interna per il fissaggio degli arti e delle parti nude, nonché
l’ancoraggio alla “vara”, doveva essere di legno di castagno rivestito di
sughero. L’utilizzo di quest’ultimo materiale era finalizzato a dare volume alle
statue, senza accrescerne il peso.
Gli abiti dovevano essere di tela, trattati con una “prima mano di gesso sazio
di colla”. Con questo procedimento che consentiva di ottenere facili soluzioni
plastiche e risultati simili a quelli del legno, le statue risultavano leggere,
i tempi di lavorazione veloci e i costi meno alti.
Riportando numerosi esempi ed effettuando opportuni paragoni, la prof. Novara ha
inoltre sottolineato che in tutta l’arte del passato viene impiegata una
molteplicità di materiali, e che non esiste periodo, fase o cultura, dal livello
più alto a quello più popolare o etnologico, che non presenti contemporaneamente
prodotti monomaterici e polimaterici.